GIULIA CALCATERRA E LA SUA SFIDA CON IL SURF

di Erika Scafuro

 

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Esperienza è una delle parole a cui associare la personalità di Giulia Calcaterra. Perché questa giovane donna è sempre pronta a spingersi oltre per vivere tutte quelle realtà che la vita ci regala. La sua collezione di esperienze è molto ricca: ci sono incontri, ricordi, viaggi, sport, situazioni, emozioni ed immagini che Giulia ha generosamente condiviso con tutti noi che seguiamo le sue avventure in giro per il mondo.

L’abbiamo vista lanciarsi con il paracadute, tuffarsi da scogliere, arrampicare falesie, nuotare con gli squali, fare mountain bike, subacquea e molto altro. Non c’è esperienza estrema che Giulia Calcaterra non abbia provato. Ma fra le attività adrenaliniche che, in assoluto, preferisce c’è il surf.

Da sportiva quale è, Giulia è abituata alle sfide. Quella con il surf l’ha vista uscirne vittoriosa. Durante i cinque mesi trascorsi in Indonesia, oltre ad essere tornata nel posto in cui un infortunio al piede le aveva impedito di surfare, Giulia si è presa la rivincita surfando ogni giorno, a qualunque condizione. L’impegno, la passione e la costanza le hanno permesso di migliorare le sue prestazioni e la sua conoscenza del surf.
Ed è proprio in Indonesia che Giulia ha testato la San Onofre Bear di colore rosa, customizzata appositamente per lei.

 

 

Ho letto che è stato il tuo fidanzato ad avvicinarti al surf. E spesso hai raccontato sui social come sia difficile ottenere buone prestazioni per chi sta imparando. Dopo i cinque mesi trascorsi in Indonesia, dove ti abbiamo vista praticare surf quotidianamente, quanto senti di essere migliorata?

“Assolutamente sì, ringrazierò sempre Nick (Pescetto) per avermi avvicinata a questo sport perché per me il mare era sempre e solo sotto la superficie. Provengo da una famiglia in cui mio padre era istruttore subacqueo ed ho messo le bombole e l’erogatore per la prima volta all’età di 12 anni. Per me il mare era solo subacquea. Ed ho sempre apprezzato quello sport. Poi ho conosciuto Nick ed a lui piaceva stare sulla superficie dell’acqua, così nel 2017 ho avuto la mia primissima esperienza di surf in Francia, ad Hossegor. È stata veramente traumatica perché non ero consapevole di questo sport. Poi in tutti i viaggi che ho fatto mi sono sempre approcciata al surf ed ho iniziato a prenderlo come una sfida. Perché il surf è veramente uno sport particolare, perché rispetto agli altri sport alla prima non puoi fare surf. Mi sono detta questa è una grande sfida, a me piacciono troppo le sfide e l’ho presa a cuore. Negli anni mi ci sono buttata, in diversi spot nel mondo. Non mi sono mai tirata indietro ovunque mi trovassi. Ovviamente andando avanti ho iniziato ad acquisire un po’ di confidenza. E dopo aver acquisito un po’ di confidenza, perché il surf è confidenza, mi sono trovata anche io a dover affrontare alcune problematiche che ti mette davanti questo sport. E sono tantissime. Personalmente io mi sono infortunata ad un piede nel 2019, proprio durante un surf trip in cui mi ero imposta di migliorare le mie prestazioni.
Ero lì proprio per imparare e durante il primo giorno mi sono presa un batterio da un corallo, mi sono fatta male al piede. Ci sono stata male fisicamente e psicologicamente perché ero lì per quello. Così mi sono detta arriverà il mio momento. Quest’ultimo viaggio in Indonesia, nel 2020, è stata la mia rivincita per il surf. Perché sono tornata esattamente nel punto in cui mi sono infortunata, quella volta in cui io volevo dare il massimo. Per cinque mesi, ogni giorno due volte al giorno sono entrata in acqua: da sola, con Nick, con altra gente, in posti sconosciuti, con ogni condizione marea bassa, marea alta, di notte…è stato un viaggio personale incredibile e sono molto contenta perché ad oggi mi sento di aver raggiunto una confidenza tale per la quale potermi approcciare da sola al surf. Ad oggi riesco a riconoscere tutto ciò che comporta il mondo del surf: il tipo di onda, il tipo di spot, le tavole, è comunque un’acquisizione di conoscenza che richiede tempo. E passione. Perché ci ho messo una passione immensa”

 

In Indonesia hai testato la tavola Bear customizzata appositamente per te, di colore rosa. Quali sensazioni hai avuto nel cavalcare le onde con questa tavola?

“Appena sono arrivata in Indonesia l’ho provata ed al primo impatto ho capito che sarebbe servito del tempo per riuscire a comprendere questo tipo di tavola, era ad un livello alto per me. L’ho ripresa dopo due mesi e mezzo ed appena l’ho utilizzata in onde tubanti mi ha salvato davvero tantissimi drop. È proprio dinamica, agilissima. Mi ha salvato un sacco di onde. Sono contenta e spero di provare presto altre forme. Chiaramente voglio approfondire questa tavola che mi è stata data perché c’è ancora tanto da scoprire. E da manovrare assolutamente. Però mi sono trovata veramente bene”.

 

 

Lo sport è una componente essenziale della tua vita, così come l’adrenalina. C’è qualche avventura che non hai ancora provato e ti piacerebbe provare?

“Allora questo è un tasto dolente perché sto iniziando a farmi bazzicare nella mente il fatto di voler provare ad avvicinarmi al base jumping. Il base jumping è credo il mostro finale di uno sportivo. Io pratico paracadutismo dal 2017, ho amici in questo mondo che hanno approcciato anche questo next level che si chiama appunto base jumping. Consiste nel lanciarsi da ponti, antenne, ciminiere, montagne con il paracadute. Quindi sto iniziando ad informarmi tramite amici che hanno fatto il corso per poter un giorno provare questo tipo di situazione. Non per diventare addicted perché non voglio diventare dipendente da qualcosa, ma perché a me piace provare qualsiasi tipo di situazione che la vita ci regali e quindi ho sentito tante considerazioni su questo sport e mi ha incuriosito tantissimo. So che è una cosa veramente estrema, da fare con la testa. Quindi ci sarà una preparazione psicologica che potrebbe durare un anno. Io non lo so. Ci sto lavorando. E quindi questo è sicuramente un altro tasto che vorrei toccare”.

 

Durante le session di surf ti vediamo anche dall’altra parte dell’obiettivo a scattare foto eccezionali. Come nasce la tua passione per la fotografia?

“Allora io ho iniziato a lavorare comunicando me stessa nel 2013 con la nascita di Instagram. Ovviamente per comunicarmi su Instagram ho dovuto adoperarmi da sola con la creazione di contenuti. Quando ho iniziato a lavorare con la televisione, lì erano gli altri che mi comunicavano, ero in mano ad una produzione. Per scelta ho capito che avrei voluto comunicarmi da sola. Quindi mi sono dovuta per forza adoperare al mondo della fotografia, del videomaking, dell’editing etc. Ovviamente sono cresciuta tantissimo dal momento in cui ho conosciuto Nick, il mio ragazzo, che mi ha aiutato e spiegato come utilizzare la tecnologia. Siamo cresciuti molto insieme sotto il punto di vista della creazione di contenuti. Infatti ad oggi, oltre che a comunicare me stessa, mi piace anche comunicare quello che vedo, gli altri. Perché è bello comunicarsi, comunicare la propria persona, ma è bello anche comunicare. Che è diverso perché altrimenti diventa una cosa troppo egocentrica. La fotografia per me è voler comunicare ciò che vedono i miei occhi”.

 

Selvatica è il nome che hai scelto per diffondere il concetto di libertà nel creare ed esprimere te stessa attraverso i contenuti e le tue collezioni. Qual è stato il momento in cui il desiderio e la libertà di poter esprimere la tua anima libera sono stati così forti da decidere di dedicarti a questo?

“Ad ottobre 2017 mi trovavo alle Maldive per un lavoro commissionato da un cliente. Mi trovavo lì incredula di essere lì, perché per me andare alle Maldive senza pagarmi il viaggio, ma venendo spesata, era un sogno. In quella settimana mi sono resa conto di non aver dormito, non mi ricordo nulla perché insieme a Nick ho lavorato giorno e notte per la creazione di contenuti dei clienti. Allora, al rientro da quel viaggio, mi sono fatta delle domande. Mi sono chiesta cosa posso fare io per creare contenuti per me stessa quando voglio, come voglio, dove voglio. Mi sono detta di dover sempre più dire no a questo tipi di lavori e dire sempre di più sì ai miei progetti, che posso sviluppare ovunque voglio nel mondo. Quindi ho deciso di aprire la mia piccola azienda partendo con dei bikini ed il messaggio che volevo esprimere e voglio esprimere tutt’oggi è un po’ strano da comunicare. Perché mi sono resa conto che attraverso i miei contenuti le donne che comprano i miei bikini si spingono a fare cose che nella loro vita non hanno mai fatto. Quando queste ragazze ricevono in mano il packaging di Selvatica, indossando il mio bikini si sentono un po’ immedesimate nella mia vita, nelle esperienze che faccio, e vanno a superare i loro limiti provando cose nuove. E per me è una cosa folle in senso positivo. È come se attraverso quel pezzo di stoffa, che contiene e veicola il mio messaggio che ho voluto comunicare in una maniera molto mia, io riesca a dare loro uno stimolo per andare oltre. Mi fa molto piacere perché è tutto naturale, non mi sforzo di fare quello che faccio”.

 

 

Sei una influencer seguita da 1 milione di persone. Qual è la cosa più bella che ti è capitata in questi anni nel rapporto con i tuoi follower?

“Tantissime. Ho la fortuna, che nessuno può togliermi perché me la sono costruita anno dopo anno, di avere una community talmente reale e simile a me che ovunque io vada nel mondo non sarò mai sola. È una cosa pazzesca. Ogni volta che mi sono trovata in difficoltà in paesi esteri, mi serviva una cosa che non trovavo, mi si era rotta la macchina, ho perso l’aereo…qualsiasi cosa io scrivo aiuto su Instagram, nelle mie stories, e c’è sempre qualche mio follower puntuale vicino a me che arriva ad aiutarmi. È una cosa incredibile. Io credo che sia la ricchezza più grande che io possa avere. Ed una cosa molto bella che ho fatto per il mio compleanno di due anni fa, ho deciso di fare un Insta-birthday e mi sono accorta di avere persone magnifiche. Ho affittato una palestra di trampolini ed ho scritto su Instagram che avrei invitato al mio compleanno le prime cento persone che mi avessero inviato una mail. È stato incredibile. Questi 100 follower sono arrivati dalla Thailandia, da Dubai, gente che era in vacanza, sono arrivatati tutti a Milano a passare un’ora con me a saltare sui trampolini. E quindi mi sono resa conto che non è solo Instagram, ma anche realtà perché queste persone sono vere. È stata una conferma di una cosa che già immaginavo”.

 

Viaggiare è una delle tue passioni più grandi. Nel condividere le tue esperienze hai sempre ricordato come questo significhi rapportarsi con le persone del luogo, supportarle, rispettare tradizioni, usi e valori. C’è qualcosa in particolare che hai imparato dal senso di comunità di una determinata popolazione?

“Sì, sono rimasta shockata durante il mio ultimo viaggio in Indonesia. Siamo stati a nord di Sumatra, a Banda – Aceh dove nel 2004 c’è stato lo tsunami che ha distrutto tutto. Stando lì abbiamo avuto modo di vedere proprio i segni di quest’onda. C’erano persone segnate con le cicatrici, gente che aveva perso la famiglia. È una popolazione veramente particolare, ma tanto fiera e tanto orgogliosa perché si sono rialzati da soli senza l’aiuto di niente e nessuno. Tanto che, proprio lì, avendo viaggiato tanto ed avendo vissuto diversi tipi di popolazione, lì è stato diverso perché io e Nick abbiamo bucato con il motorino, eravamo in mezzo alla giungla e non sapevamo più come fare perché eravamo in mezzo al niente. Tanto che passa un carretto con due locali di Banda – Aceh li fermiamo e queste persone ci aiutano subito. Ci hanno caricato il motorino sul carretto e ci hanno portato dal gommista. Io gli ho dato la mancia. Loro erano come offesi. Loro non volevano aiutarci per ricevere dei soldi, volevano solo aiutarci perché dopo quello che gli è accaduto con lo tsunami hanno costruito talmente un senso di comunità, di aiuto fra di loro che non era una questione di soldi. Noi siamo abituati, anche noi italiani, che tutti ci fanno dei favori per soldi. In realtà non è così. Ci sono popolazioni talmente pure che loro non sanno neanche cosa vuole dire il compromesso. Questa è una popolazione troppo pura, nonostante abbiano sofferto tantissimo. Io sono rimasta shockata che questa persona abbia rifiutato i soldi. Quindi questo mi ha fatto vedere le cose in una maniera diversa. Anche qui in Italia vedo tante scene che non rispecchiano veramente i veri principi della vita”.

 

Condividi sempre più spesso un richiamo all’autenticità, ad un vivere sempre più a contatto con la natura. Come coniughi la vita da città con questa voglia di natura?

“Che fatica. Io abito a Milano dal 2012. Per lavoro mi sono dovuta trasferire letteralmente da una notte all’altra. Sono piemontese e sono cresciuta un mezzo alle risaie, a Cerano un paese in provincia di Novara. La natura è sempre stata parte della mia vita, se non era mare era la campagna. Sono arrivata a Milano e mi sono sempre e solo trattenuta per lavoro. Ogni volta che ho potuto sono scappata a gambe levate. Ho cambiato tantissime case perché ogni volta andavo e poi tornavo. Ho fatto Milano – Australia, Australia – Milano, Milano – Thailandia, Thailandia – Milano, poi sono tornata in campagna dai miei, poi sono tornata a Milano e poi sono andata in giro per il mondo di nuovo. Quindi Milano è un amore odio perché so che io devo tanto a Milano per il mio lavoro, non rinnego assolutamente, ma è giusto trovare il proprio equilibrio in una città che non ti appartiene. Per me l’equilibrio a Milano è restare un po’ in città ed un altro po’ fuori Milano. Quindi nonostante io debba fare la nomade, nonostante io sia comunque pesante il fatto di muoversi sempre con la valigia, preferisco cento mila volte fare la nomade che stare a Milano piantata ed essere triste”.

 

Ci puoi anticipare qualcosa dei tuoi prossimi progetti?

“Quest’anno, dopo tre anni, la mia azienda Selvatica è cresciuta molto e quindi ho deciso di espandere anche altri settori nel mondo dell’abbigliamento. Quindi inserirò anche altri prodotti, non soltanto bikini, ma cercherò di espandere il piccolo mondo di Selvatica.
E poi mi piacerebbe tanto, ci sto già lavorando, poter lanciare un progetto. Mi piacerebbe lanciare una community digitale legata sia al mondo fitness, che per me è la preparazione allo sport, io mi mantengo in forma sia a livello fisico sia per le prestazioni sportive, che al mondo outdoor, quindi allo sport. Per essere un punto di riferimento reale per tutti i giovani che non sanno da dove iniziare o hanno paura ad approcciare determinati sport. Per ora questi sono i miei focus del 2021 a livello lavorativo”.

 

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